Monica Bassanese
Montecchio Maggiore - 1987
Di fronte ad un quadro di Gambasin non ci si può non chiedere cosa significhi. Ci si accorge che i colori e le forme non permettono una fruizione solo estetica ma richiedono una partecipazione esistenziale dello spettatore. La via più facile, ma meno autentica, è quella di cercare nel dipinto un’allegoria o un simbolismo ben preciso, per cui ogni singolo particolare significa qualcosa di determinato, stabile e concreto. Ma proprio qui sta il punto di rottura e di polemica di Gambasin. La pittura è per lui un sogno, che si contrappone alla vita per la sua irrazionalità e la sua libertà. Sognare è per l’uomo esser capace di intuire per un attimo l’autenticità del proprio Io, che sta al di fuori di ogni schema precostituito. La persona sociale, che “vive” tra linee diritte, piani delimitati e orizzonti circoscritti, può nella intimità con se stessa riscoprire uno spazio e un tempo più ricchi, più veri, più suoi. Il sogno è la realtà dell’individuo, che conosce, o ha imparato a conoscere, il proprio essere infinito. Il sogno è l’umiltà e insieme il gesto eroico di chi si scava ogni giorno nella vita a un angolo di libertà. Così è il quadro della serie “La vita è sogno” di Gambasin. Preso lo spunto, ma solo di uno stimolo s’è trattato, da Calderon de Barca.
Gambasin ha riflettuto sui due termini, che indicano soprattutto due modi di essere. Ogni suo quadro rappresenta sempre una contrapposizione tra la vita rigida, sicura, regolare e scontata nella sua convenzionalità, e il sogno, i desideri e gli impulsi che fanno dell’uomo contemporaneamente una bestia e un dio. Il quadro “dice sempre una qualche verità”, ma ogni verità esprime solo un aspetto della realtà, mentre ne vela altri. Proprio perché mette in evidenza qualcosa, lascia in ombra il resto. Così la verità di un quadro è allo stesso tempo vita cosciente e sogno, è l’espressione di un pensiero ma è anche intuizione di non poter esaurire l’uomo nel pensiero. I colori e le forme comunicano non un messaggio codificato e decodificabile, ma lanciano la provocazione della libertà. La pittura di Gambasin non viene mai capita fino in fondo, e per questo è libera, come il suo autore. Può essere solo se stessa, un’invenzione, “una, nessuna, centomila”, e solo così è autentica, anche se non esprimibile né comunicabile tramite altri linguaggi. Così nemmeno le parole possono descrivere un dipinto di Gambasin, ma ogni singolo spettatore può solo mettersi di fronte ad una tela cercando di cogliere in se stesso quello che figure e contorni suggeriscono.
Certo, ogni quadro fa pensare, come esso stesso è frutto non solo di tecnica, ma soprattutto di pensiero. Ma questo “pensiero” non è un interpretare, un costruire un ragionamento che risolva tutto il senso di una vita, ma è reale solo se si identifica in un sogno. Non c’è una causa o un fine o una soluzione, mai.
L’arte surreale di Gambasin, se viene spiegata, viene fraintesa, distrutta, e solo vivendola essenzialmente si può non capire, ma sentire. E’ un grido di rottura e di solitudine, un inno alla libertà di non farsi capire troppo, per poter continuare a cogliere l’infinito, pur restando fermamente attaccati al finito dell’esistenza concreta. Le forme fantastiche e bizzarre del sogno nascono infatti sempre da una base rigida e definita: la vita. Vita e sogno sono uniti, si intersecano e si completano, non possono essere scissi l’uno dall’altro. L’uomo non vive senza sognare, e non sogna senza contrapporre i suoi sogni al grigiore della vita intesa come polo negativo. Solo insieme, uniti avvinghiati sono qualcosa, si staccano dallo sfondo uniforme e piatto del mondo, dal senso comune. Solo insieme formano l’uomo cosciente, creazione unica. L’arte di Gambasin è così un alludere a quello che di artistico c’è in ognuno di noi: la capacità di essere piccolo e grande allo stesso tempo, di capire e di sentire, di camminare e di volare, di vivere e di sognare. Comunque sempre da soli. Ed è per questo che spesso le parti più importanti e più significative dei quadri sono gli spazi vuoti, dove né la vita, né il sogno hanno già detto qualcosa. In essi non c’è la curiosità di spiegare, ma solo la possibilità di viverli dentro di sé, come un sogno, ma con gli occhi aperti della vita.